L’anarchia di chi non vuole. E non sa.


di

Editore: La Maremma delle Idee

 

Anarchia non vuol dire solo assenza di governo. Ma anche vivere guardando solo all’oggi, ai piccoli interventi e non a un progetto strategico. Che è quello che manca nella nostra Maremma

Anarchia è una parola roboante, terrificante, ma anche affascinante. Rubando una delle tante definizioni corrette di anarchia, riporto che dal greco ἀν, assenza + ἀρχός, leader o governatore, si tratta dell’organizzazione della società fondata sull’autonomia e la libertà degli individui, contrapposta a ogni forma di potere costituito, a ogni forma di governo.

Già, perché il governo è proprio l’opposto dell’anarchia: è “l’assunzione di responsabilità – dice uno dei tanti dizionari della lingua italiana – dell’andamento politico ed economico di uno Stato”, e ancora e più profondamente, “la responsabilità direttiva sul piano politico o morale”.

Dunque un territorio o lo si governa, o lo si consegna a una situazione in cui non vi è una responsabilità del percorso di sviluppo economico e sociale dei suoi cittadini, né una guida sul piano politico e morale. Che brutta cosa porsi delle domande e cercare di capire il significato delle cose che ci circondano, roba da filosofi, da contemplativi: perché pensare a chi in questo momento sta dando la direzione sul piano politico e morale della Maremma, cioè ha un’idea della Maremma e della sua gente da qui ai prossimi venti, trent’anni, lascia un po’ demoralizzati.

Ma noi maremmani siamo gente dallo spirito forte, che non si abbatte facilmente, che ha saputo strappare la terra stessa alla palude, portare la vita dove c’era la morte, in quel momento sì con un’idea di futuro e di sviluppo. Gente per cui la Maremma amara ha sempre saputo di dolce, ma guai adesso a interrogarci sull’idea di governo di questa terra! L’amaro tornerebbe in gola in pochi istanti.

Questo è infatti il tempo dell’anarchia, la stagione in cui è difficile capire quale sia la strategia per il futuro della Maremma, chi la governi, con quale idea in una prospettiva ultra decennale, come si conviene al governante-guida politica e morale, faro dell’andamento politico ed economico di un territorio.

  • Qualcuno governa dunque i fiumi, la loro messa in sicurezza, pulizia, portata?
  • Qualcuno governa le coste, la loro erosione, i livelli di inquinamento, gli abusi edilizi?
  • Qualcuno governa il territorio, gli equilibri tra predatori e allevamenti, lo sfruttamento del suolo, del bosco, delle risorse?
  • Qualcuno governa la salute, il benessere, la prosperità dei cittadini, nei loro diversi bisogni in ragione delle fasce d’età?
  • Qual è dunque la strategia, la direzione, la prospettiva, l’idea di Maremma di chi la governa?

Perché in assenza di governo è anarchia, un’anarchia de facto, un’anarchia strisciante, che porta dissesto del territorio, interventi tampone ed emergenziali, disagio economico e sociale, risposte solo e sempre contingenti e mai strategiche. Eppure le risorse non mancano: i prelievi fiscali aumentano, gli investimenti europei mantengono i livelli di dieci e di venti anni fa, i trasferimenti di soldi pubblici dallo Stato e dalla Regione arrivano puntuali in caso di emergenze ed eventi calamitosi, ma si assiste a un progressivo declino. Un Paese in declino, una Grosseto in declino, una Maremma – di cui il capoluogo è parte essenziale e inscindibile – in declino, tristemente.

Ci vorrebbe un’idea, una direzione, dunque un governo. In realtà qualche idea c’è stata in questi anni: la Maremma è stata uno dei primi distretti rurali europei. Un riconoscimento importante, la base per future strategie, che però si sono perse nei meandri del non-governo. Si è tentato, e io sono uno dei colpevoli, di candidare Grosseto e la Maremma a capitale europea della cultura 2019: idea troppo complessa e strategia troppo visionaria e pluriennale per interessare il non-governo.

Ecco, bisognerebbe urgentemente andare oltre la prosopopea dell’eroismo dell’amministratore pubblico che riesce a tappare qualche buca per strada o a mettere un paio di telecamere di video sorveglianza nelle strade del centro o, addirittura, a inaugurare il nuovo scivolo del parco giochi o la tettoia parasole del cortile del centro anziani, peraltro con ampi contributi di benefattori privati. L’esigenza di maggiore accountability, di quel mix tra responsabilità (per le azioni svolte) e trasparenza (dei soldi pubblici spesi), resta forte. Ma quello che deve cominciare a premerci di più è la responsabilità per l’inerzia, per la mancanza di idee, per la poca volontà o l’incapacità a pensare, a immaginare il futuro. L’anarchia di chi non vuole, e forse non sa.

Va chiarito senza mezzi termini che al cittadino importa poco della durata della legislatura, o della prossima tornata elettorale regionale o nazionale o europea che potrebbe – forse, chi lo sa? Vediamo i sondaggi… – incidere sugli equilibri del (non)governo locale: il nostro orizzonte è ben più ampio, è il futuro, nostro, dei nostri figli, dei nostri genitori, delle nostre attività. Il Governo, quello vero, fatto dai cittadini con i cittadini e per i cittadini, non si misura rispetto alle piccole scadenze elettorali – come gli incarichi e le poltrone – bensì rispetto alla capacità di immaginare, programmare e modellare il futuro. Ripartire dalle idee, una ricetta come un’altra, senza velleità di essere all’avanguardia o di avere in tasca soluzioni e verità. Idee che possono anche essere sbagliate ma che potrebbero avere il merito di contribuire a definire un’idea più giusta. Idee per mettere in moto un’elaborazione politica, dinamiche di partecipazione collettiva, di condivisione degli interessi, seppure diversi, di un territorio.

Una di queste, già discussa e presentata non con particolare seguito, è quella di candidare la Maremma e altre aree umide e ricche di biodiversità europee – il pensiero va subito alla Camargue – al Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco: un percorso di partecipazione pubblica, una sfida a migliorarsi, una strategia di sviluppo sostenibile duratura nel tempo. Un modo per far diventare la Maremma patrimonio di tutti, aumentando la consapevolezza dei suoi cittadini di vivere in uno scrigno di bellezza e fragilità. Un modo per vincolare a criteri internazionali il governo del territorio, a conferirgli parametri di qualità superiore. Un’idea, tra le tante che si possono avere. E che può anche essere scartata, accantonata, a patto che ci si sforzi, o si sia in grado, di averne un’altra.

Sergio Vassari, esperto di politiche pubbliche e governance multilivello

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