La città (im)possibile
Le difficoltà e le ansie (e qualche certezza) di un amministratore pubblico di lungo corso. Raccontate attraverso tre figure del mito:
Sisifo, Tantalo e Damocle
Chi crede che gli amministratori locali possano fare tutto ha capito ben poco. E ha compreso ancora meno chi afferma che “volere è potere”, quasi a significare che una decisa forza di volontà possa bastare, possa sovrapporsi o sostituirsi alle complesse competenze degli altri organi dello Stato.
Che cosa vuol dire esattamente amministrare? Significa conoscere la città e il suo territorio, conoscere e ascoltare i bisogni di chi ci vive, conoscere i problemi e progettare insieme ai cittadini politiche per la risoluzione degli stessi e per lo sviluppo economico, culturale e sociale.
Per chi amministra è altresì importante sapere come funziona l’Istituzione che si governa, le sue risorse economiche e finanziarie, le risorse umane rappresentate dal personale, dai funzionari e dai dirigenti. È bene avere sempre presente il quadro normativo, le funzioni dell’ente, i limiti dello stesso così come rappresentate dall’Ordinamento Giuridico Italiano e dalle leggi di settore a partire dal Testo Unico degli enti Locali del 2000. Il rapporto tra chi dà gli indirizzi politici (organi eletti) e chi gestisce gli stessi (struttura dell’ente) si rinviene nella legge n.° 142 del 1990 che è la prima a dire chi fa che cosa tra politici e dipendenti comunali a vario livello. Poi ci sono altre norme che disciplinano i rapporti tra gli organi dello Stato e i comuni: Prefettura, Forze dell’Ordine, Sovrintendenze e così via. Il tutto deve essere inserito in un contesto nazionale ed europeo, dal momento che per esempio i bilanci dello Stato e quindi anche quelli locali devono essere conformi alle direttive della Comunità Europea. La nostra finanza pubblica come il nostro grande debito pubblico sono infatti sorvegliati speciali.
Sono stato noioso, finora? Per farmi capire e andare più nel concreto prendo a spunto la mitologia greca, quanto racconta le fatiche e le difficoltà di Sisifo, Tantalo e Damocle. Sisifo può essere rappresentato come il simbolo della fatica e complessità dell’amministrare. La sua punizione era infatti quella di spingere su una collina, con grande sforzo, un enorme masso che, portato alla sommità, inevitabilmente rotola a valle. Sisifo allora ricomincia da capo sino a quando il masso lo travolge ancora. La scena si ripete all’infinito. Sisifo aveva un grosso masso da spingere. Il sindaco e gli amministratori si trovano invece a spingere contemporaneamente una miriade di massi, pietre, sassi di ogni forma e dimensione.
Traffico e parcheggi, casa e sfratti, immigrati e nomadi, profughi, disoccupazione, insicurezza urbana, furti e atti vandalici, alluvioni e incendi, sanità, lavori pubblici e manutenzioni, scuole, servizi sociali, scarsità delle risorse finanziarie e umane, rispetto del Patto di Stabilità, rifiuti e servizi pubblici, mense e accesso ai servizi sociali ed educativi, decoro urbano e discariche abusive: ciascuno di questi – e ne potremo citare altri – tendono a rotolare a valle appena si abbandonano per un attimo per seguirne altri.
Ci sono poi: il macigno legislativo con una vera e propria giungla di leggi, leggine, norme di ogni tipo; il macigno burocratico con tutti gli enti periferici dello stato e il federalismo che non arriva mai; il “riunionismo” con le innumerevoli riunioni, incontri, dibattiti, i numerosi tavoli, le conferenze dei servizi, con la necessità di continuo confronto prima di arrivare a una qualche soluzione dove manca sempre un soggetto titolato a partecipare… Da qui anche la difficoltà a far comprendere ai cittadini la difficoltà e la complessità del nostro sistema burocratico con il rischio di incorrere in “alibi” quando devi giustificare l’operato degli altri, dei vari enti che da te non dipendono, degli uffici comunali e dei suoi funzionari e così via.
Tutti vogliono essere informati, considerati, ascoltati, adulati. Singole persone e associazioni spesso si presentano con idee e progetti benefici sullo sviluppo, la cultura, il sociale e chi più ne ha ne metta. Pretendono spesso un contributo del Comune per avere gratuitamente l’occupazione del suolo pubblico, l’utilizzo di un teatro o dello stadio comunale, per farsi pubblicare un libro o una rivista, per organizzare un concerto o una festa… Chi dovrebbe pagare? Naturalmente il Comune con i soldi dei cittadini, come se fosse il babbo o la mamma di tutti. E se non lo fai? Vuol dire che sei un amministratore insensibile, che non ti interessa del sociale o della cultura. È una visione assistenzialistica quella di molte persone che non riescono a comprendere quali siano le funzioni essenziali e istituzionali di un Comune, che non può certo diventare uno sponsor utilizzando denaro pubblico.
Il secondo esempio mitologico è quello di Tantalo: aveva davanti a sé i rami di un albero ricchi di frutta, aveva una grande fame, allungava la mano per afferrarli, il ramo si spostava più in là. Lui ci riprovava e di nuovo il ramo si ritraeva. Tantalo continuava con costanza l’operazione che durava all’infinito senza mai raggiungere il frutto. Gli obiettivi che si pone un amministratore sembrano raggiungibili ma talvolta si allontanano: quando per certi controlli (naturalmente necessari), quando per una specie di gioco dell’oca amministrativo. Per esempio realizzare un’opera pubblica anche di medie o piccole dimensioni richiede un iter sterminato: studio di fattibilità, progetto preliminare, progetto definitivo, progetto esecutivo, inserimento nel Piano Triennale delle Opere Pubbliche, individuazione del finanziamento per realizzare l’opera, approvazione del Piano da parte del consiglio comunale e dei vari progetti da parte della giunta municipale… Dopo la progettazione si passa alla gara, all’individuazione della ditta vincitrice, all’assegnazione dei lavori, alla realizzazione dell’opera, ai collaudi e così via: sono già trascorsi tre o quattro anni! Senza contare eventuali ( e ormai frequenti), imprevisti quali ad esempio ricorsi alla magistratura (amministrativa quando va bene o penale quasi sempre, con richiesta di risarcimenti danni : 1° grado, 2° grado…), insolvenza dell’impresa, subappalto dell’opera, fallimento dell’impresa, necessità di rifare una nuova gara (ci sta che l’opera costi di più perché è trascorso troppo tempo e i soldi non bastano perché sono aumentate le spese), mancati accordi con l’impresa aggiudicataria e altro ancora.
Infine Damocle: passò alla storia mitologica per un pranzo. Era ospite del tiranno Dionisio del quale stava esaltando la posizione di potere. Continuò nella sua adulazione fino a quando Dionisio, seccato, volle mostrargli come la sua posizione non era affatto gradevole. Dionisio obbligò Damocle a sedere sotto una spada legata a un crine di cavallo che poteva rompersi da un momento all’altro. Ecco quindi per sindaci e amministratori la spada finanziaria: le risorse sono sempre minori, le necessità aumentano, lo stato taglia la spesa pubblica e i comuni per mantenere un minimo di Welfare Locale sono costretti ad aumentare i tributi locali ed i cittadini si arrabbiano, il bilancio deve essere in equilibrio, c’è il patto di stabilità europeo, devi tagliare qualche servizio, fai meno opere e meno iniziative utili… Dietro l’angolo c’è sempre il cittadino o l’impresa che ti chiede un risarcimento, che ti fa causa, che ti denuncia alla magistratura accusandoti di aver commesso un reato, di aver favorito qualcuno, di aver omesso qualche manutenzione, di aver commesso un abuso d’ufficio. Ti devi difendere, ti rivolgi a un legale, devi avere una buona polizza assicurativa personale pagata a tue spese, e iniziano procedimenti che durano anni.
Se tutto ciò non bastasse, negli ultimi anni è cresciuta nell’opinione pubblica una vera e propria diffidenza non solo nei confronti di coloro che ricoprono cariche pubbliche, ma anche verso le istituzioni che, è bene ricordare, rappresentano per la democrazia un bene prezioso e travalicano gli interessi di questa o quella parte politica. In questo contesto generale si muovono gli amministratori accomunati dall’amore per la propria terra. Può sembrare la mia una visione pessimista. No, desidero solamente dire che non ci si improvvisa amministratori ma che solo conoscendo bene le possibilità del Comune e della sua macchina organizzativa, senza facili promesse o semplicistiche soluzioni, si può costruire, insieme ai cittadini, la città possibile. Cioè quella dove non si può fare tutto ma solo le priorità condivise e veramente utili. Il senso di responsabilità deve esserci anche da parte dei cittadini che non possono pretendere ciò che il Comune non può fare ma che può stringere con gli amministratori un patto su come spendere al meglio le risorse esistenti, secondo un preciso ordine di priorità il più possibile concertato.
Emilio Bonifazi, già sindaco di Follonica, poi sindaco di Grosseto per due legislature, dal 2011 al giugno 2016. Ora è ritornato a fare l’insegnante.
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