Verità e Bellezza


 

Borghi tra i più belli d’Italia assediati da incongrue periferie. Case ingombranti e senza stile che deturpano uno skyline disegnato nei secoli. Ecco come negli ultimi decenni abbiamo rovinato il nostro patrimonio ambientale e antropologico. Parola di Sergio Rizzo

Nel 1974 Pier Paolo Pasolini partecipa al documentario di Paolo Brunatto La forma della città. Con opportuni movimenti della telecamera il regista e scrittore mostra come la bellezza della città arroccata di Orte, in Lazio, sia “incrinata, rovinata, deturpata” dalle adiacenti costruzioni moderne. L’inquadratura iniziale si concentra sulla “perfezione stilistica” del borgo in cui anche i colori contribuiscono all’effetto di generale purezza e armonia. Tuttavia, allargando l’inquadratura, appaiono quegli elementi di aggressione estetica rappresentati dalle nuove costruzioni. Con un senso di “offesa, dolore, rabbia”, Pasolini sottolinea la presenza di “case modeste di aspetto, non dico orribile, ma estremamente mediocre, senza fantasia o invenzione” costruite proprio accanto all’antico acquedotto.

Il documentario che, trasmesso allora sulle reti Rai lanciava l’allarme sul fatto che il nuovo costruire stesse alterando la bellezza del nostro patrimonio paesaggistico, è oggi ancora di grande, forse ancora più forte attualità di allora. Ed è proprio per questo che è stato citato dal giornalista Sergio Rizzo del Corriere della Sera, intervenuto alla prima “Lezione maremmana”: Verità e bellezza, organizzato dall’amministrazione comunale di Manciano in occasione del sessantesimo compleanno di Gemma Detti, artista e architetta mancianese vissuta e affermatasi a Londra, prematuramente scomparsa.

L’intervento di Sergio Rizzo è stato un momento di riflessione sulla bellezza del paesaggio in Italia, e anche in Maremma, un tema che porta con sé tante luci ma anche tante ombre sulle quali è tempo che ogni cittadino assuma consapevolezza.  «C’è questa idea dell’Italia dei borghi più belli del mondo – ha affermato Rizzo – ma è vero che questi stessi borghi sono assediati da periferie mostruose».

Si provi quindi a circoscrivere i confini al territorio maremmano e – come fece Pasolini – si punti allora la telecamera su Manciano, Montemerano, Pitigliano, Magliano. E ancora su Montiano, Orbetello, e perché no?, su Marina di Grosseto e anche Castiglione della Pescaia. Si cerchi il centro storico e poi si allarghi il campo. Come ha ancora sottolineato Rizzo, i borghi antichi scontano una edilizia che negli anni ’50, ’60, ’70, in particolare, era caratterizzata da una forte base ideologica per cui le case popolari dovevano essere necessariamente brutte e grosse. Pasolini stesso, nel documentario citato, pur ammettendo che queste fossero necessarie, si chiede perché non potessero essere costruite quantomeno altrove, con altri criteri che non andassero a turbare in modo tanto traumatico il rapporto tra forma di città e natura.

Ma ci sono anche gli scempi, apparentemente meno impattanti ma pur sempre inadeguati per i tanti borghi di bellezza di cui è ricca la Maremma.  Interventi urbanistici che hanno coinvolto, e continuano a coinvolgere purtroppo, tutti i comuni e i piccoli centri.

Il turista potrebbe anche non accorgersi, nel suo percorso verso i luoghi più noti segnalati dalle guide come Saturnia o Pitigliano, che esiste un borgo antico e imponente quale quello di Manciano, soffocato com’è da agglomerati di costruzioni anonime che non invitano certamente a fermarsi.

A Montemerano, immerso in un paesaggio naturale di straordinaria bellezza, il sogno di una terrazza con vista sulle colline e il mare ha indotto alla costruzione di schiere di palazzine (tutte seconde case, abitate se va bene un mese all’anno) che hanno soffocato irrimediabilmente l’antico centro. Una visione davvero sgradevole e inaccettabile, un autentico ecomostro anche perché di dimensioni abnormi rispetto al movimento delle colline.

Mentre un paio di scempi li vanta anche Scansano, con le cosiddette Valentine: da anni un agglomerato di case non finite su una delle più belle colline prima dell’ingresso in paese, impossibile non vederle. Un altro ecomostro famoso è quello del complesso della Santa Maria a Poggiodoro, dietro Castiglione della Pescaia. In questo caso uno dei castelli sul mare più famosi della Toscana, già non proprio valorizzato da una urbanizzazione sottostante che a partire degli anni ’50 ha favorito soprattutto la costruzione di edifici per le seconde case, ha come suo contraltare prospettico una enorme macchia bianca, imponenti costruzioni, quasi tutte seconde case per la cui costruzione è stata sbancata una collina di macchia mediterranea.

Che dire poi di Marina di Grosseto? Negli anni ’50 la località balneare era diventata un centro forse di non grande pregio ma con graziose e spesso fantasiose villette di “carattere” e stile sul lungomare. Oggi molte di quelle piccole e belle costruzioni sono state abbattute per fare posto a nuovi e sicuramente più redditizi palazzi. Ciò che stupisce poi a Marina di Grosseto e che forse meriterebbe un discorso a parte, è il pervicace ignorare la natura del luogo, caratterizzato non solo da ampie spiagge ma da dune sabbiose, ormai diventate rare su gran parte delle coste italiane. Anziché valorizzarle con strutture più consone e naturali si è preferito eliminarle per realizzare strutture di muratura immense, imitando località balneari che, non possedendo una bellezza ambientale, dovevano sopperire con l’offerta di strutture organizzate.

Si potrebbe andare avanti, invitando il lettore a guardare finalmente con occhi nuovi il contrasto tra un passato di armonia e un presente iniziato circa cinquant’anni fa in cui siamo stati incapaci di proseguire l’eredità di bellezza che ci era stata consegnata.

Ma perché preservare la bellezza? È una questione di identità. Secondo Salvatore Settis (“Perché gli italiani sono diventati nemici dell’arte”, ne Il giornale dell’arte, n.324/2012) «…il paesaggio italiano non è solo natura. Esso è stato modellato nel corso dei secoli da una forte presenza umana. È un paesaggio intriso di storia e rappresentato dagli scrittori e dai pittori italiani e stranieri e, a sua volta, si è modellato con il tempo sulle poesie, i quadri e gli affreschi». E proprio per immergersi nella bellezza e acquisire sensibilità estetica, Sergio Rizzo ricorda nella sua prima Lezione Maremmana di Manciano, che nel corso dei secoli un viaggio in Italia era una condizione necessaria per far parte di qualunque consesso internazionale. Cultura – Paesaggio – Identità: tre concetti inscindibili e, grazie a un intellettuale come Benedetto Croce, l’Italia è stato il primo Paese al mondo ad avere una legge sulla tutela del paesaggio strettamente connesso alla tutela del patrimonio storico-artistico e quindi della nostra identità. La “carta” della bellezza e del paesaggio continua a essere spesa a livello internazionale. Nel 1982 una mostra della Fondazione Agnelli esposta in tutto il mondo per cinque anni si intitolava Italy. A Country Shaped by Man (Italia. Un paese modellato dall’uomo), un titolo che sottolineava la stretta connessione di bellezza tra la natura e le opere dell’uomo.

Un fatto di identità dunque, con cui l’Italia si presenta al mondo. Ma che succede quando il turista corona il sogno di un viaggio in Italia per immergersi in una bellezza tanto idealizzata? I borghi ci sono ancora ma in qualche caso la visita diventa una caccia al tesoro attraverso insignificanti complessi edilizi. In Maremma i borghi spiccano sulle cime delle colline ma, con tutta onestà, chi può dire che la loro bellezza non sia quasi sempre oltraggiata da costruzioni adiacenti senza alcun legame estetico? C’è una Italia di ieri, con le mirabili città disegnate e perfette, e c’è una Italia di oggi che si è sviluppata senza che nessuno si opponesse e persino con la benedizione degli enti pubblici e delle Sovrintendenze.

C’è chi sostiene, ricorda Rizzo, che la tecnologia, fattori economici e redditizi, ci hanno imposto di costruire in questo modo. Ma è anche vero che chiunque abbia viaggiato all’estero, in Nord Europa soprattutto, potrà avere notato una notevole differenza. Ciò che altrove è stato possibile appare spesso impossibile nel nostro paese che ha tuttavia il maggior numero di leggi che dovrebbero regolare le costruzioni. In definitiva però il sistema è molto complicato e addirittura non esiste un regolamento edilizio comunale unico per calcolare la superficie abitativa in centri diversi.

«Abbiamo smarrito la strada ed è opportuno riannodare i fili della storia. Non si può pensare di tirare su case inutili e non pagare il prezzo», afferma Rizzo. Lo sfruttamento del suolo a fini edilizi ha creato milioni di metri cubi di centri e periferie brutte che, non dimentichiamolo, plasmano, modellano anche l’immaginario di chi ci vive. Secondo Monsignor Brigantini, vescovo della Diocesi di Campobasso Bojano impegnato contro la ‘ndrangheta, in ambienti brutti è più facile che si sviluppino brutti ambienti sociali. C’è poi da aggiungere che dal 1971 l’Italia ha perso in Italia ben cinque milioni di ettari e ciò ha avuto ripercussioni sull’economia e la qualità della vita. Il nostro paese ha perso produttività e dobbiamo importare il 25 per cento del nostro fabbisogno alimentare. Eppure l’agricoltura è stato un altro elemento caratterizzante dell’identità italiana. È possibile immaginare l’Italia, la Toscana, la Maremma senza agricoltura?

In conclusione dunque. Qual è la strada? È possibile creare nuovi percorsi di sviluppo?  Secondo Rizzo è opportuno il recupero delle nostre vocazioni e dei nostri saperi, la rivalorizzazione dell’agricoltura, l’investimento nell’istruzione e nella scuola, la trasmissione della bellezza alle nuove generazioni attraverso lo studio dell’arte. Per questo ogni cittadino, ogni singolo dovrebbe fare la sua parte, partendo dal proprio territorio, guardare con occhi nuovi, e quindi anche critici, ciò che gli sta intorno e riconoscendo gli errori commessi. Il concetto di bellezza non può essere infatti solo quello che si vuole presentare al turista ma un percorso verso un recupero di identità e di sensibilità. E, aggiungiamo noi, senza sconti, con il coraggio di vedere senza ripetere come un mantra che qui, specialmente in Maremma, va comunque tutto bene.

Quest’articolo si basa sull’intervento di Sergio Rizzo a Manciano il 27 dicembre 2015. Sergio Rizzo è inviato del Corriere della Sera e autore di molti saggi, tra cui La casta, scritto con Gian Antonio Stella, e, recentemente, La Repubblica dei Brocchi.

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