La Maremma e il nuovo latifondismo: Terra Spremuta?
Un tempo il latifondo in Maremma era formato da quelle casate nobiliari fiorentine che, sotto la spinta del Granduca Pietro Leopoldo e del nipote Leopoldo II, meglio noto come Canapone, compresero le potenzialità di questa terra malsana e paludosa e dettero il via alle grandi opere di bonifica, trasformando terreni incolti in fertili, modificando il paesaggio locale e la sua economia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la riforma agraria tolse loro una buona parte di quelle terre per distribuirle alle famiglie contadine attraverso l’Ente Maremma. Un’agricoltura di sussistenza che, però, in tempi in cui a volte era difficile sfamare la famiglia, risolse questo problema a tanti agricoltori locali, o arrivati dalle province vicine, cui erano stati assegnati un podere ed un appezzamento di poco più di sette ettari di terra.
Oggi l’economia si è trasformata e chi continua a svolgere l’attività di imprenditore agricolo lo fa estendendo la sua proprietà. Si è così giunti a quella che è la nuova economia agricola maremmana che sembra tornare al precedente latifondo, ma non più formato dalle grandi casate nobiliari che qui avevano investito, ma dai grandi gruppi, spesso provenienti da altre regioni, che si assicurano centinaia di ettari da destinare alle coltivazioni intensive. La nuova frontiera è quella degli oliveti che stanno nascendo a vista d’occhio nella pianura grossetana e che, parallelamente, vedono sorgere nuovi frantoi. Si tratta di piantagioni che puntano soprattutto sul “cultivar” spagnolo, destinate a produrre grandi quantità da mettere sul mercato a cifre decisamente basse, soprattutto se comparate agli standard dell’olivicoltura tradizionale maremmana. Un passo in avanti o un passo indietro per l’agricoltura della provincia di Grosseto? Questa è la domanda che molti si pongono e che suona anche come una preoccupazione. Dopo gli ingenti investimenti dei grandi produttori di vino degli anni scorsi, dopo i noccioleti, adesso i “piccoli olivi”. E’ evidente come il mondo agricolo stia cambiando e con esso anche le produzioni. Su questo fronte è però importante avere la mente sempre aperta, ma c’è anche quell’aspetto che, almeno in Toscana, è sempre stato custodito gelosamente che è il paesaggio, fatto anche di tipicità e di tradizione. Riusciranno tutti questi elementi a convivere? Ma soprattutto in un periodo di grande siccità e di difficoltà a realizzare gli invasi, quanto soffriranno le falde, a fronte di colture che hanno bisogno di importanti quantità di acqua? Sono tutte domande che ci stanno e che preoccupano soprattutto chi è legato alla tradizione e che deve fare i conti con l’innovazione. Difficile dare oggi una risposta, anche se all’occhio questa trasformazione non sfugge. Di sicuro serve tanta mentalità aperta, quanta attenzione rispetto ad una terra, quella maremmana, che non può perdere la sfida con il futuro, ma che non deve neppure rinunciare al suo valore fatto di prodotti tipici e di alta qualità, quella stessa che ha caratterizzato il Made in Italy prima e il Made in Tuscany, poi, con il secondo diventato talmente forte da essere in grado di creare una concorrenza interna al primo.
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